Catania – L’attività principale dell’Unità operativa di Chirurgia pediatrica dell’azienda ospedaliera Arnas Garibaldi di Catania è la cura delle malformazioni congenite dei pazienti più piccoli. A dirigere il reparto, Sebastiano Cacciaguerra, che spiega: “Ci occupiamo di tutte le malformazioni, dalle più banali e correnti, come l’ernia inguinale, il testicolo ritenuto, la fimosi, fino a quelle più complesse e che vengono trattate di concerto con i neonatologi, i ginecologi e gli anestesisti pediatri; le prime tendono a essere risolte ambulatorialmente, mentre le altre hanno bisogno di un’attenzione particolare, di una struttura dedicata e di un lavoro pluridisciplinare molto intenso e delicato”.
Nella foto, Sebastiano Cacciaguerra
Una struttura importante, insomma, che può contare su 6 posti letto di degenza più 2 di chirurgia ambulatoriale e day-hospital. E Cacciaguerra aggiunge: “Oltre a questa struttura contiamo sul supporto indispensabile della Terapia intensiva neonatale con 3/4 posti sempre a disposizione e della Terapia intensiva pediatrica che dispone di 2 posti letto”.
Per cui le patologie più impegnative dei neonati vengono seguite dalla Neonatologia con terapia intensiva neonatale, quelle dei bimbi più grandi, invece, dall’Unità di terapia intensiva pediatrica. Importante, per questa struttura, è il concetto di chirurgia ambulatoriale, visto che, da diversi anni, si tende a minimizzare la degenza di bambini “organizzandosi con un pre ricovero – aggiunge Cacciaguerra - in cui il piccolo paziente viene visto dall’anestesista e sottoposto a un prelievo di sangue”.
Quindi viene stabilita la data per l’intervento vero e proprio. Questo tipo di atteggiamento è possibile averlo con i bambini al di sopra dell’anno di età e per le patologie normali e correnti, come l’ernia inguinale, il testicolo ritenuto, la fimosi e la piccola chirurgia della pelle e dei tegumenti. Un metodo, questo, che permette ai piccoli pazienti di essere a casa già nel pomeriggio. Come spiega Cacciaguerra, infatti, “il bambino arriva il giorno dell’intervento, viene ricontrollato per vedere se ci sono patologie intercorrenti e, se tutto va bene, va in sala operatoria, dove viene trattato da anestesisti pediatrici che mettono in atto metodiche specifiche per i bambini, non solo dosando gli anestetici in base al peso, ma anche utilizzando tecniche che permettono un risveglio immediato e anche un ritorno nella famiglie nel pomeriggio”.
“Per esempio – continua il chirurgo - per il bambino che deve andare incontro a un intervento di ernia inguinale vengono utilizzate tecniche di blocchi loco-regionali. In pratica la sedazione viene effettuata con gas erogato in maschera e il bambino non sente dolore perché la parte su cui dobbiamo operare viene anestetizzata e questo comporta una ripresa immediata”.
Poi c’è il counseling, ovvero quella parte preliminare al trattamento di patologie maggiori di cui in genere siamo a conoscenza già in utero.
“Mediante tecniche di diagnosi prenatale soprattutto ecografica, infatti, noi sappiamo con quasi certezza di che patologia stiamo parlando – spiega Sebastiano Cacciaguerra - quindi nel caso di una di quelle maggiori si organizza una riunione in cui mettiamo insieme il chirurgo pediatra, il neonatologo, l’anestesista e il ginecologo. In questa sede vengono decise modalità e tempo del parto, intendendo se la mamma può partorire in un centro periferico o se è necessario il trasporto in utero del bambino che viene a nascere presso di noi. Quindi si decide se il piccolo ha bisogno di un intervento immediato o che può essere differito, ovvero se è necessaria la presenza di anestetici in sala parto per un’intubazione e ventilazione specifica. E questo, per esempio – conclude Cacciaguerra – ha consentito di trattare con successo patologie maggiori come l’ernia diaframmatica congenita considerata la bestia nera dei chirurghi e dei neonatologi perché dà una grave insufficienza respiratoria, a volte fatale”.